giovedì 3 maggio 2012

Nella letteratura







[...] Otto…nove e dieci. Un colpo di clacson al tornante qua sopra. Calcio d'inizio. Mi precipito nel fosso a lato della strada sperando che sia asciutto. Alzo la testa quel tanto che basta per spiare la scena dietro ciuffi di tarassaco.
Forerà. Sarà costretto a fermarsi. Distratto dal cambio di ruota, non si accorgerà di un supereroe dal passo felpato, pronto ad avvicinarsi e dare un'occhiata al carico del furgone. Guarda caso, il povero Charles Bronson. Ingabbiato, pronto per la consegna. Settecento euri sull'unghia. Quanti per te? Quanti per quelli del canile?
Arriva. Viene giú come un pazzo. Novanta, cento all'ora. Anche se nota qualcosa, non avrà
tempo di frenare. Eccolo. Ruote anteriori sulla linea d'attacco e…
…Goal! Il mezzo perde il controllo, slitta via. Boom!, un'altra ruota, scarta di lato, viene da
questa parte, abbasso la testa, il parafango rischia di farmi lo scalpo, giú, checcazzo, le ruote davantisi piantano nel fosso a un palmo dalle spalle, terremoto di fango ed erba, rumore di lamiera accartocciata, poi lo schianto, il botto, il silenzio. [... ]



Grazia Deledda - Annalena Bilsini


[...]«Non è vero. Si arriva tardi, quando si va piano. E poiché non siamo arrivati noi, lasciamo arrivare loro, almeno.»
Eppure anche lei frenò di nuovo la cavalla. Il sole era tramontato, e con esso sparvero i nuvoli di moscerini e di zanzare che molestavano i viandanti: adesso tutto era quieto; il cielo cremisi, fra i pioppi di là del fiume, faceva pensare ad un camino acceso in un bel crepuscolo invernale, mentre i prati verdissimi ed i giovani boschetti sospesi sullo specchio roseo dell'acqua corrente davano l'impressione della primavera.
Poi d'un tratto il carro scese dall'argine per la strada in pendio che pareva affondarsi in una valle, e l'aria divenuta grigia, l'odore della saggina tagliata, il fumo di qualche comignolo, ricordarono di nuovo alla donna la casa, la terra ed il lavoro che l'aspettavano. [...]



Ditirambo IV - Alcyone - Gabriele D'Annunzio


[...] Di queste l'alto cor mio si conpiacque
imaginate parole, ché stirpe
di Nike avrebbe ei voluto infierire.
E vidi poi sotto fulgere in Paro
iscalpellata il candor del Marpesso.
E vidi poi dall'erratica Delo
salir vapore di caste ecatombi.
Poi non vidi altro più, se non il Sole.
Poi non volli altro più, se non da presso
mirarlo eretto sul suo carro igníto,
giugnerlo, farmi ardito
di prendere pei freni il suo cavallo
sinistro, Etonte dalle rosse nari.
Il pètaso e i talari
d'Erme Cillenio avea conquisi il mio
sogno meridiano, il mio delirio.
Congiunto era con Sirio
altissimo nel medio orbe, nell'arce
somma dei cieli Elio d'Eurifaessa.
E l'altezza inaccessa
e l'ardore terribile agognai
ed offerirgli l'ali che sul monte
crètico escluse avea dall'olocausto. [...]




Il gioco degli immortali - Massimo Mongai



[...] In uno ero a casa mia e mi ero appena alzato; mi ero fatto il mio solito caffè, me lo stavo bevendo in cucina, come tutte le mattine, come sempre; in un altro, subito dopo sono in moto, sul lungotevere, quando un imbecille assassino mi taglia la strada proprio davanti a ponte Garibaldi, partendo da fermo alla mia sinistra e diretto verso il ponte.
Mi taglia la strada ed io freno, ma pur rallentando tantissimo la mia moto, una vecchissima ma ben tenuta Honda a quattro cilindri, 500cc Four K, pesante com'è frena sì, ma non tanto da non toccare la macchina, che mi ha tagliato la strada, nella parte posteriore sinistra.
Ed io cado di lato, quasi da fermo, senza poter fare niente. E ricordo che il casco, che avevo infilato ma non allacciato, vola via.
Sono sempre stato un motociclista prudente io; non ho mai corso, non ho mai rischiato, non impennavo la moto e non facevo gare con gli amici. In vita mia ho avuto una moto fra le gambe fin da giovane, ma sempre le ho portate con prudenza. Sono un moto turista, io, non un "centauro folle". E non mi è successo mai niente di pericoloso, nei miei due o tre mini-incidenti di moto. [...]



Il giornalino di Gian Burrasca - Luigi Bertelli



Giunto dunque alla stazione, presi il biglietto d'ingresso ed entrai. Il treno arrivò poco dopo, ed io, per evitare il caso di esser visto da qualche persona di conoscenza, mi diressi verso gli ultimi vagoni per attraversare la linea e andare dalla parte opposta alla stazione.
Ma invece mi fermai dinanzi all'ultimo vagone che era un carro per bestiame, vuoto, e che aveva la garetta dove sta il frenatore, vuota anch'essa.
- Se montassi lassù? Fu un lampo. Assicuratomi con un'occhiata che nessuno badava a me, saltai sulla scaletta di ferro, mi arrampicai su, e mi misi seduto nella
garetta, col ferro del freno tra le gambe, e le braccia appoggiate sul manubrio del freno.
Di lì a poco il treno partì e io sentii arrivarmi fin dentro il cervello il fischio della macchina la cui groppa nera io vedevo, di lassù, distendersi alla testa di tutti i vagoni che si trascinava dietro, tanto più che il vetro del finestrino della garetta da quella parte era stato rotto, e non ve n'era rimastoche un pezzetto in un angolo, a punta.





 



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